La
comunicazione nell‘attività educativa
Innanzitutto la comunicazione è una trasmissione di informazione con dinamica circolare (non semplice).
L’insegnante è il mittente e l’allievo il ricevente però si scambiano di ruolo:
dopo che l’insegnante ha trasmesso il suo messaggio l’allievo reagisce con
domande, espressioni del viso ecc. e così diventa a sua volta mittente di un
messaggio dove il docente è ricevente. Di seguito la loro comunicazione non è
passiva ma uno si preoccupa per le reazioni dell’altro (feed back).
Nel caso del docente e allievo è opportuna una metacomunicazione esplicita e cioè una
comunicazione dove il ricevente dichiara di aver ricevuto o compreso il
messaggio (magari anche riformulandolo). Per verificare se l’allievo ha capito
di solito i docenti usano una delle
funzioni metalinguistiche analizzate da Roman Jakobson come per esempio
chiedere: “capisci?”.
L’insegnante è facilitatore
e quindi ha il compito di facilitare i processi di apprendimento, decisioni e
organizzazione dell’allievo. Il docente deve essere come una guida per l’allievo
e ha anche il compito di verificare la modalità ed efficacia della
comunicazione dell’allievo.
Ruoli
e funzioni nel dialogo educativo
Nel dialogo educativo fanno parte lo status: la posizione della persona nella società (nel dialogo
educativo i membri sono l’insegnante e l’alunno) e il ruolo: il comportamento di chi occupa una certa posizione. Lo
status è un concetto di gerarchia e nel nostro caso il docente è superiore all’allievo.
Però nella pedagogia d’oggi è diventato più importante il concetto di ruolo che
quello dello status.
In realtà l’autorità dell’insegnante non sarebbe così separatà
dalla sua umanità sebbene la scuola preveda una differenziazione di status. Lo
status che veniva attribuito all’insegnate gli dava potere (di controllare,
valutare, punire) viene sostituito con lo status che indica una direzione e che quindi è come una guida per l’allievo.
L’insegnante
e il gruppo classe
·
Un gruppo
di bambini o adolescenti
·
Un insegnante
·
Rapporti
costanti
·
Presenza
obbligatoria e finalizzata a uno scopo (istruirsi)
·
Ambiente
funzionale e attrezzato
I membri di una classe si influenzano reciprocamente ma non
si sono scelti liberamente. Il gruppo tende a suddividersi in altri gruppi più
piccoli dove i membri si scelgono.
Il dialogo educativo è condizionato
da molti fattori:
·
L’immagine
che l’allievo ha del docente (severo, umorale, accondiscendente…)
·
Il fatto che la relazione non è isolata, ma calata
nel contesto della classe. Un allievo è molto tanto sensibile quando viene
giudicato il suo gruppo classe a modificare i propri comportamenti in base a
tali opinioni. Attraverso come sia valutato (dotato, normale, deviante) un
alunno inizia ad avere un ruolo diverso all’interno della classe.
·
L’ambiente di provenienza di ogni studente
·
L’estrazione sociale
·
La disponibilità economica
·
Ecc.
La classe è tenuta a rispettare le regole della scuola
(orari, spazi, gli status…) ovviamente ci sono anche comportamenti spontanei,
informali che però rispettano comunque quelli previsti. Le dinamiche all’interno
della classe possono o favorire o ostacolare lo studio.
Il sociologo Talcott
Parsons (1902-1979) è arrivato alla
conclusione che ci sono due tipi di classi:
1. Quella
che rispetta le regole e persegue il successo
scolastico
2. Quella
che sviluppa un comportamento egocentrico
concentrato sui comportamenti dei coetanei
Oggi si sa che la situazione è più complessa e che l’allievo
è sottoposto a varie influenze: Da una parte l’alunno
vorrebbe rispondere alle richieste degli insegnanti e genitori (sia per dovere
che per il desiderio di successo) ma dall’altra il gruppo gli impone di
trasgredire le regole scolastiche. L’impegno dell’alunno tante volte dipende dalla
pressione che prevale in quel momento.
Il dialogo educativo dipende anche da come svolge l’insegnate
il suo ruolo. Secondo lo psicologo Kurt
Lewin esistono tre tipi di stili di
relazionali (vale sia per gli insegnanti che per i genitori):
1. Guida dominante: decide tutto e lascia poco spazio al bambino/adolescente
·
ottiene immediatamente l’esecuzione del compito
·
ma: inibisce autonomia e spontaneità
2. Guida antiautoritaria (lassista): rinuncia al controllo
·
ma: lo priva di punti di riferimento
3. Guida autorevole (democratica): prende
le decisioni insieme agli allievi
·
Li rende autonomi e responsabili
·
Resta comunque un loro punto di riferimento
Contesti
educativi
Se allarghiamo lo “zoom” dell’analisi dobbiamo considerare
anche altri contesti come quello della famiglia già quando il bambino inizia ad
andare a scuola. L’ingresso a scuola porta con sé un mutamento continuo del comportamento del bambino a causa delle
influenze degli altri bambini e degli insegnati ed educatori. Di seguito la famiglia
è costretta a riorganizzare le sue
dinamiche. Il bambino inizierà ad avere bisogno di più autonomia e il suo gruppo classe diventa “la sua nuova famiglia”
nella quale sviluppa le sue capacità di socializzare. Di seguito i genitori
dovranno rinunciare a una parte della loro guida se no il bambino diventerebbe
soggetto di un ipercontrollo
(possibile causa di comportamenti trasgressivi o di perdita di autonomia.
Il compito dell’insegnante è poi anche di mirare all’inclusione di ognuno fa lo stesso
se proveniente da una famiglia tradizionale, monoparentale, ricomposta,
proveniente da altri paesi ecc., e rendere la diversità di ognuno un’opportunità
per arricchire la classe.
Dunque la vita dell’alunno a scuola è regolata rigidamente in base ai compiti, gli spazi e i tempi
concessi.
Le
competenze dell’educatore
L’insegnante oltre alla conoscenza della materia che insegna
deve avere delle competenze di carattere
psicologico, pedagogico, didattico e sociale. In base agli ultimi dovrà
capire la personalità e le esigenze degli alunni, valutare l’ambiente e garantire
un insegnamento efficace. Anche la modalità di insegnamento deve essere
coerente. Per esempio ci può essere una situazione di doppio legame che vuol dire che l’insegnate manda due messaggi e l’uno
contradice l’altro
Es. Insegnante: “Se
non capite fate domande!”, di seguito l’alunno alza la mano e chiede
spiegazione per qualcosa, l’insegnante lo rimprovera per l’interruzione. Questo
determina una situazione di blocco e l’allievo non saprà più cosa fare nel
futuro in situazioni simili.
Burn-out:
Visto che l’alunno può avere problemi all’interno della
scuola, l’insegnate se ne deve preoccupare ma se esso a un certo punto non si
sente più adeguato o addirittura motivato per fare questo si parla di burn-out.
Fattori per causare questo possono essere:
1. Caratteristiche
individuali
2. Persone
che hanno cariche di lavoro pesanti
3. Senso
di impotenza
4. Percezione
di un comportamento iniquo
Anche se il burn-out ha origini nel lavoro dopo un po’
inizia a coinvolgere anche la vita
privata della persona e può portare a una visione della realtà pessimista,
peggioramento della salute ecc. Per risolvere un tale caso conviene di
intervenire sia sulla persona vittima che sul luogo di lavoro.
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